LA SILA - BENVENUTI
distanza dal camping 80 KM.
Questo altopiano, esteso all'incirca 1700 chilometri quadrati escluse la falde, occupa la parte centrale della Calabria. Ha forma di immenso cratere, circondato com'é da una corona di vette. La Sila, di sviluppo piuttosto pianeggiante, con altitudine tra i 1200 e i 1400 metri sul mare, é punteggiata da rilievi considerevoli, i più importanti dei quali sono Botte Donato (1929), Montenero (1881), Serra d'Acquafredda (1814). Ricchissima d'acque, ha i suoi fiumi principali nel Neto, nel Tacina, nel Crati, nel Trionto, nel Mucone, nell'Arvo, nell'Ampollino, nel Savuto. Come suddivisione territoriale si è soliti distinguere l'altopiano in Sila Grande, ricadente nella provincia di Cosenza , e Sila Piccola, ricadente in massima parte nella provincia di Catanzaro; della Sila Grande fa anche parte la Sila Greca, così detta perché di influenza delle popolazioni greco-albanesi rifugiatesi in Calabria alla fine del '400. Geologicamente, la Sila é costituita da rocce silico-cristalline scistose e da graniti e dioriti. Circa l'età dell'altopiano, recenti studi, la fanno ascendere al Permico della Paleozoica. Ma queste notizie e questi dati, anche se strettamente necessari per presentare la regione silana, non parlano della sua bellezza, fatta di contrasti vivissimi eppure così ben fusi tra di loro da renderla, come é stato detto con riuscita espressione giornalistica, "la più felice sintesi dell'austera bellezza d'un paesaggio nordico e del caldo fascino delle terre del Sud".
Storia dell'Altopiano:
La Sila fu ben conosciuta anche nei tempi
passati: ne
scrissero Virgilio: "pascitur in magna Sila formosa iovenca", Tucidide,
Plinio, Strabone. Cassiodoro ne vantava l'ampiezza dei boschi. Al tempo della
repubblica di Roma era possedimento dei Bruzi che l'avevano tolta ai
colonizzatori venuti dalla Grecia e vi esercitavano una sovranità di nome,
essendosi installati ai suoi margini ove svolgevano attività di pastorizia, di
raccolta della pece e di sfruttamento dei boschi senza mai avventurarsi nel suo
interno. Cicerone, parlando degli oratori antichi, conferma che la Sila era di
proprietà del popolo bruzio e che questo popolo, dopo che i romani occuparono
tutte le regioni italiche, pagava alla repubblica il vettigale della pace, anche
se, spesso in occasione della riscossione del tributo, avvenivano liti e stragi
tra gli esattori della gabella e gli abitanti delle giogaie silane. Tutti gli
altri storici che ci hanno lasciato testimonianze sulla Sila hanno messo in
evidenza la magnificenza e l'impenetrabilità dei suoi boschi, l'opulenza dei
pascoli, il carattere fiero dei suoi abitanti. Comunque, i Bruzi tentarono di
liberarsi dal giogo romano e si allearono ad Annibale. Alla sua sconfitta, metà
del territorio della Sila passò sotto la gestione diretta dei romani che
incominciarono a sfruttarne le risorse boschive, richiedendo la loro nascente
industria navale notevoli quantitativi di legno di pino.
Venne anche costruita la via Popilia che giungeva fino a Cosenza. Ma neppure
quest'opera, come il precedente secolare avvicendarsi di popoli e di vita che si
era svolto alle pendici della Sila riuscì a popolare l'interno dell'altopiano
che continuò a custodire i suoi silenzi, il suo fascino velato di mistero. Solo
molto dopo l'età romana si incominciò ad avere una graduale penetrazione nella
foresta. Non sottoposta ad alcun regime fondiario centrale, la Sila poteva
considerarsi terra di nessuno, tradizionalmente famosa ed ignota al medesimo
tempo. Per
primi toccò agli asceti di frequentarla. San Francesco da Paola, San Demetrio,
San Nilo, San Bernardo di Chiaravalle, San Bartolomeo, legarono i loro nomi ai
territori della Sila dove agirono, facendo rifiorire attività ascetiche e
contribuendo notevolmente a mitigare la rudezza morale e materiale dei loro
tempi; continuarono alle pendici della Sila, un movimento di operosità, di pietà
e di fede, che umanizzò in certa misura, quei "secoli bui". Molte
delle grotte scavate alle pendici dei monti silani erano il ricovero degli
asceti che le abitavano; le fitte pinete erano sicuri rifugi ai monaci che vi si
ritiravano per vivere in solitudine d'anacoreta. I monasteri sparsi sul
territorio silano erano centri di operosa attività. Il primo centro abitato, propriamente silano, ebbe origine monastica: fu San
Giovanni in Fiore, fondato verso il 1180 da quell'abate Gioacchino di
"spirito profetico dotato". Qui egli iniziò la costruzione
dell'abbazia che ancora oggi vi si ammira e mantenne unita la comunità che si
era andata formando attorno al monastero. Malgrado questo fervore di vita
religiosa che vi si svolgeva, l'altopiano continuò a restare isolato dal grande
transito fino a non molti decenni addietro. I tanti che ne avevano sentito
parlare se ne erano fatti un'idea attraverso i romanzi di Nicola Misasi o
leggendo le gesta dei briganti, riportate dal Padula. E, per molto tempo, furono
essi, i briganti, gli unici abitanti dei boschi silani. La foresta era il più
sicuro rifugio per chi avesse motivo di fuggire: era vicina ai centri abitati,
offriva mille nascondigli da cui si potevano impunemente lanciare le più
gratuite sfide. Così, il brigante Marco Berardi, rivolto al vicerè Filippo II:
"Tu si lu vicerè'de chistu regnu
ed io signu lu re della muntagna!"
Sono di questo periodo gli editti che vietavano l'usanza di incediare i boschi
per reperire terreni agricoli; s'inizia, da parte del potere centrale, di alcuni
ordini religiosi, e delle famiglie nobiliari a rivendicare la proprietà dei
territori silani, spesso facendo risalire i pretesi diritti a donazioni
risalenti all'epoca medioevale.
Ai giorni nostri la penetrazione nella Sila é continuata con lo scopo di
sfruttarne le risorse. Per ultimi gli Alleati che, nell'immediato dopoguerra, vi
hanno tratto notevoli quantità di legname, facendo quasi perdere alla Sila il
significato classico del nome romano di "Magna Silva" e , di quello
ancora più antico di "Yla", attribuitole dai sibariti che volevano
dire "selva", "bosco", da cui il moderno "Gran bosco
d'Italia". E'con il 1947 che viene costituita l'Opera Valorizzazione Sila,
l'ente che ha ricostruito il patrimonio boschivo, ha favorito gli insegnamenti
umani, ha promosso attività economiche, turistiche, alberghiere; ha dato la
spinta decisiva alla valorizzazione dell'altopiano che era già iniziata agli
inizi del 1900 con la costruzione della ferrovia Cosenza - San Giovanni in Fiore
ed era continuata con le prime iniziative private. Era il 1914 che l'ufficio
postale di Camigliatello faceva orario dall'alba al tramonto, veniva
incoraggiato il turismo di massa, si indicevano convegni, si stampavano i primi
depliant sulla Sila, si dava inizio a quelle attività economiche e di
promozione che hanno fatto della Sila quella che essa oggi é, aiutata dalle sue
caratteristiche naturali ed anche dalla passione e dall'amore che molti, veri
pioneri, ebbero verso i suoi panorami, i suoi silenzi, la sua poetica bellezza.
Itinerari della Sila Grande:
Per chi proviene dal Nord ed utilizza l'autostrada per giungere fino a Cosenza,
è d'obbligo una visita all'antica città dei Bruzi. Qui sono da visitarsi il
gotico-cistercense duomo con un'opera di Luca Giordano e croce smaltata
bizantina del XII secolo; il museo Civico, che conserva notevoli bronzi
preistorici; il castello di origine normanna, da cui si gode la vista di tutta
la città; la chiesa di S. Domenico; il centro storico, con la sua struttura
medioevale.
A Cosenza s'imbocca la superstrada per Crotone per uscirne a Fago del Soldato da
dove si ammira un vasto panorama, fino al Cecita. Risalendo, fino a Montescuro,
si può percorrere la caratteristica strada delle Vette per giungere al Botte
Donato, la più alta vetta della Sila (m. 1928). Da cui si ha il panorama di
tutto l'altopiano. A 17 km., è Lorica, ridente località turistica sulle sponde
dell'Arvo, fra boschi di fitti pini. Proseguendo per la 108 bis ed imboccando al
bivio Garga, la superstrada, si arriva a San Giovanni in Fiore, il più popoloso
centro silano, ricco d'arte e di storia, mercato di diffusione della locale
produzione artigianale. Se si è interessati alla ricerca di pregevoli manufatti
in oro o di capi di corredo, si può deviare fino a Castelsilano (a km 9). Da
San Giovanni in Fiore, per la provinciale che porta a Germano, attraverso belle
foreste di pini, si può proseguire per la Fossiata, il più integro e maestoso
bosco della Sila, a 7 km. Dal lago Cecita. Ai margini della Sila Greca, a 43 km.
dal lago Cecita è Longobucco, altro grosso centro silano, di antica origine,
con produzione artigianale di tessuti e capi di corredo di notevole fattura.
Ritornando indietro, attraverso Cava di Melis e costeggiando il lago Cecita, si
può concludere l'itinerario a Camigliatello, centro climatico e turistico di
primaria importanza (si consiglia di percorrere l'itinerario in almeno tre
giorni, con soste a Lorica e a San Giovanni in Fiore).